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martedì 29 dicembre 2015

Lago d'Eugio dalla Pezza - via del cinghiale ( Escursioni non per tutti 5).

Raggiungere il lago d'Eugio da Locana, cioè lungo l'omonimo vallone, è ormai da molto tempo una di quelle escursioni "misteriose" che pochi osano affrontare, a causa della sinistra fama che circonda il percorso, fama dovuta al "sentiero sporco e poco visibile"  ed a numerose piccole disavventure occorse a gruppi di intrepidi frequentatori negli anni passati.  
Ciononostante il lago d'Eugio da Locana continua ad essere una meta  molto ambita ed agognata , almeno a livello locale, vuoi per l'alone di mistero che circonda la valle più bella del mondo ,vuoi perchè il pensiero che uno sbarramento artificiale sia così difficilmente raggiungibile costituisce certamente un divertente paradosso. 
Per completezza d'informazione, mi sembra doveroso fornire una precisazione storico-naturalistica: il serbatoio dell'Eugio, avente una capacità di 4,95 milioni di mc, è entrato in servizio nel 1959; prima della costruzione dell'invaso era  presente un lago naturale di dimensioni più ridotte, nei cui pressi si trovava l'Alpe del lago, oggi sommersa e visibile costeggiando il fianco sinistro idrografico del bacino quando vi è poca acqua ( maggiori informazioni sul sito di Iren energia).
Diga Eugio 23-12-2015
A causa della "sinistra fama" di cui parlavamo poco sopra, il lago d'Eugio viene di preferenza raggiunto sul percorso della Gta , quindi partendo dalla borgata Posio attraverso il monte Arzola nel comune di Ribordone  oppure dalla frazione Valsoani di Locana passando per il vallone di Praghetta e l'alpe Colla, sede di un panoramico casotto del Pngp, il che è un vero peccato visto che per risolvere la cosa basterebbe pulire un pò di più il sentiero. Purtroppo, parafrasando  Cosimo de' Medici, i sentieri non si puliscono "con i paternostri".
Elaborazione M.Varda su  cartografia IGM 1:25.000 
Alcuni anni fa avevo descritto la "via normale" da Locana su Gulliver, una descrizione ancora perfettamente valida ma che  necessiterebbe di qualche aggiornamento ( cui spero di poter provvedere al più presto); il mantenimento del sentiero, specialmente per quanto riguarda la parte finale ( cioè dall'Alpe I  Pis fino alla carrozzabile pozzo-diga) , è dovuta all'opera di pulizia svolta dall'allevatore che tutte le estati porta manze ed asciutte a pascolare nel vallone, negli alpeggi  di proprietà della sua famiglia. E' quindi una buona idea, se volete raggiungere il lago d'Eugio da Locana, provare a farlo dopo il passaggio della mandria, ricordandovi di ringraziare, dal più profondo del cuore, chi vi ha fatto strada a vostra insaputa.
Comunque, e dovreste saperlo bene, tutte le strade portano all'Eugio, per cui sono numerosi i percorsi che lo storicamente lo raggiungono\ raggiungevano lungo l'omonimo vallone, variamente intersecati tra loro: 
  • la vera "via normale", descritta sulla mitica guida del Cai\Tci,  che passava dall'Alpe Fioria, posta sul versante sinistro idrografico anzichè dall'alpe I Pis;
  • la "scorciatoia" dal ponte di Uget, con il ripidissimo sentierino che conduceva al rudere di quota 1535 ed il successivo traverso all'alpe Fioria;
  • il sentiero che dalla Pezza saliva alle alpi Montagnè;
  • la mulattiera che dal ponte di Uget raggiungeva Pianfè;
  • il sentiero che dalla Pezza raggiungeva i Pis passando per il Cudrai.
E l'elenco potrebbe continuare!
Inizio del sentiero Pezza dal Bros - Pis
Così, alle porte del Natale , il giorno 23 dicembre 2016, ho deciso di concedermi il gusto di un'esplorazione in solitaria lungo percorsi da tempo abbandonati , approfittando anche di questa strana stagione con assenza di neve e temperature sopra la media. L'obiettivo era quello di salire al lago d'Eugio passando per il sentiero Pezza-Pis, per poi scendere dall'Alpe Fioria.
Vasca acquedotto
Partito da casa non di buon'ora ( ho infatti il privilegio di vivere praticamente alla confluenza dell'Eugio nell'Orco) , dopo aver raggiunto la borgata  Balmetta ho imboccato la  comoda e panoramica mulattiera per la Pezza, oggetto di un ottimo lavoro di ripulitura la scorsa primavera, che ho percorso per intero fino alla località Cappella, lasciando poco prima alla mia sinistra il percorso segnalato che in breve conduce alla frazione Fuet, sede della chiesa dedicata a San Bernardo, San Domenico ed alla Madonna del Carmine e, più indietro nel tempo, sede di una scuola elementare dapprima autonoma e stabile, poi condivisa con quella di Veso ( gli alunni frequentavano metà anno scolastico al Fuet e metà a Veso), infine chiusa, complice la struttura fatiscente e la diminuzione degli alunni, a favore della sede di Veso.  A questo punto occorre fare un'ulteriore precisazione di tipo storico\geografico spicciolo: localmente con il termine "Pezza" vengono indicate tutta una serie di borgate ed alpeggi posti a cavallo tra la valle dell'Orco ed il vallone dell'Eugio; serie nella  quale alcuni includono anche le frazioni Veso e Balmetta ( ma non c'è unanimità al riguardo).
Cappella è una piccolissima borgata ( due case di numero), caratterizzata dalla presenza di una piccola edicola votiva in pietra, ormai ridotta a rudere ( sarebbe interessante riuscire a ricostruirne l'intitolazione), posta al punto di raccordo tra la mulattiera proveniente da Balmetta e la mulattiera che collega tutte le borgate della Pezza poste lungo lo spartiacque Eugio-Orco, e cioè Pianfé, Cappella, Suc e la Pezza "dal Bros", dove "Bros" sta ad indicare il cognome Perucca, localmente molto diffuso.
Tutto in ordine
 Da Cappella, passando per Suc si raggiunge quindi in breve la Pezza "dal Bros"; in questo tratto il percorso è decisamente più "sporco" e facile a smarrirsi, ma arrivare a destinazione non è poi così difficile: basta ricordarsi di seguire la spartiacque Eugio-Orco. 
Un bel bosco di faggi...
Dietro i ruderi della Pezza "dal Bros", una traccia appena visibile ma contrassegnata da bolli rossi si addentra verso destra nel vallone dell'Eugio, sotto la densa copertura di un fitto bosco di abeti: è il sentiero che collega la Pezza ai Pis. I segni rossi ed i muretti a secco che contornano quella che doveva essere una vera e propria mulattiera sono fondamentali per non smarrire la giusta direzione, visto che la mulattiera risulta quasi sempre impercorribile perché invasa dalla vegetazione arbustiva.
Con un po' di attenzione si giunge così in breve alla vasca dell'acquedotto, ancora perfettamente funzionante, come si deduce dal  dal regolare rumore dello scorrimento dell'acqua al suo interno; ciò che non è più funzionante è la tubazione che portava l'acqua alle varie borgate della "Pezza" (affiorante sulla superficie in più parti del percorso ) , ormai rotta in più punti e non più attaccata al rubinetto della vasca.  Anche il quadro che si dipinge di fronte ai miei occhi è estremamente contraddittorio: la porta in ferro della vasca giace a terra, divelta, svelando all'interno della costruzione in cemento la presenza di un rotolo di rete metallica verde e di tubi arancioni in Pvc in ottime condizioni, che nessuno ( per fortuna) si è ancora portato via; la recinzione che circondava la vasca è anch'essa finita in terra lungo quasi tutti i lati, ma la rete verde sembra recente, non arrugginita.
Il percorso si fa più ostico
Chiedendomi se la vasca abbia ancora o no un utilizzo pratico effettivo, riprendo il percorso, ora senza più segni rossi , in direzione dei Pis, sempre sotto una folta copertura boschiva che copre la vista sul vallone, rendendo difficile l'orientamento. Poco oltre la vasca, per fortuna, continuano ad essere visibili per larghi tratti le vestigia di quella che scoprirò poi essere la roggia che dal torrente Eugio portava l'acqua alla Pezza. 
Purtroppo  la roggia continua ad essere impercorribile perché occupata dagli arbusti,  per cui occorre cercare di seguirla alla bell'e meglio districandosi con numerosi saliscendi tra la folta vegetazione. E' affascinante  osservare con quanta cura quest'opera di derivazione assecondi le forme della montagna, mantenendo regolare la sua debole pendenza, attraversando numerosi avvallamenti, salti di roccia e\o grossi massi; purtroppo in corrispondenza di molti di questi punti la struttura è crollata.
Finalmente si torna a godere di una bella vista
Ecco il Cudrai
Un primo saltino di roccia lo si aggira portandosi sulla sua sommità boscosa ( sempre sotto copertura di abeti) ; quindi, superato un primo macchione di noccioli in modalità cinghiale, si giunge in un bel bosco di faggi , dove la progressione si fa più facile e si può rifiatare. Finita la striscia dei faggi infatti,comincia il tratto più infame del percorso, un traverso dove si è costretti a procedere carponi con continui saliscendi per poter riuscire a passare senza perdere di vista le tracce della roggia, con tanto di passaggio obbligato finale ( cengia abbastanza larga tra grandi placconate di roccia liscia).
Usciti dal passaggio finalmente si torna a godere di una bella vista, in particolare sul versante opposto del vallone, per cui mi concedo una meritata pausa per binocolare e, cartina alla mano, studiare il previsto percorso di discesa dall'Alpe Fioria. Dal lago d'Eugio all'alpe Fioria - dove vedo stazionare 5 camosci -  non dovrebbero esserci problemi ( discesa a vista); dall'alpe Fioria all'incrocio con il sentiero proveniente da Uget  sarà necessario prima traversare quasi in piano verso il fondo del vallone fino a guadare i due torrentelli laterali segnati sulla carta della MU edizioni, quindi scendere direttamente fino ad un rado boschetto di betulle ( abbassarsi prima di quel punto sarebbe rischioso per la presenza di numerosi salti di roccia). 
Nella balma-stalla una bella posta semicircolare in pietra

Crottino al Cudrai
Superata la zona delle placche rocciose, si sbuca in una pietraia e si continua il traverso fino a giungere in vista dei ruderi di Cudrai, che sbucano sopra la mia testa all'improvviso. Non era assolutamente scontato, data la fitta vegetazione, riuscire a passare da questo piccolo alpeggio, ragion per cui posso essere più che soddisfatto! Raggiunti i ruderi dell'abitazione, del crutin ( con tanto di "monolite" di copertura) e della stalla ( ricavata sotto una balma, con tanto di posta in pietra a semicerchio), si rinviene nelle vicinanze di quest'ultima costruzione il prosieguo della roggia che, dopo un ultimo tratto "cinghialoso", attraversa una pietraia ( notevole il lavoro di sistemazione delle pietre in questo punto) per poi uscire ( finalmente) dalla zona arbustiva. Arrivati a questo punto occorre percorrere la roggia ( ora è possibile), fino ad incrociare il sentiero nei pressi di un rudere dell'Alpe i Pis posto vicino ad una paretina di roccia liscia. 
Si continua nella roggia
La diga nella nebbia
A proposito degli alpeggi del vallone mi ricordo di un divertente aneddoto capitato ad una famiglia con origini "dla Pessa", credo negli anni 70/80 del secolo scorso. Tale famiglia viveva ormai stabilmente a Locana capoluogo ed  era a quei tempi rappresentata da tre fratelli, di cui uno sposato ( il più assennato) e due da sposare ( un pò meno assennati). Ora accadde  un giorno che  i due fratelli da sposare si recassero all'alpeggio di famiglia, senza fare ritorno a sera, così che il giorno seguente una squadra di persone, tra cui il fratello assennato, partì alla loro ricerca. Mentre risalivano il vallone dell'Eugio incontrarono due escursionisti che stavano scendendo, ai quali chiesero se per caso avessero visto i due uomini. Essi risposero di aver visto due esseri umani, sporchi di terra e ricoperti di foglie, uscire da una balma, e di aver provato a parlargli, ma i due sembravano non capire l'italiano. Il fratello assennato esclamo soltanto: "a sen lur! (sono loro!)" e, una volta rintracciati, fece loro una bella ramanzina. Che cos'era accaduto ai due fratelli? Semplicemente erano stati sorpresi dall'oscurità, per cui si erano acconciati a passare la notte all'addiaccio come meglio potevano.
Da qui arrivare al lago d'Eugio è un gioco da ragazzi e mi sembra quasi di volare, nonostante la ripidezza del percorso, tanto è stato faticoso il tratto precedente! Dopo un breve saluto ai colleghi guardiani in servizio ,  considerata l'ora, decido di posticipare il momento del pranzo al sacco al raggiungimento dell'alpe Fioria, che in montagna non si sa mai come va a finire quando si percorrono nuove "antiche" strade! Vorrei tornare a casa ad un'ora decente, cioè prima che venga buio per non fare la fine di quei due fratelli di cui sopra, visto che anche io sono "da sposare". 
Si scende verso l'alpe Fioria
Una balma...
Imboccata la scalinata in cemento che scende ai piedi della diga mi porto  sul versante sx idrografico del vallone e, abbandonato il percorso del Gta diretto all'Arzola,  comincio a scendere traversando verso sinistra prima per tracce di sentiero, quindi per tracce di camosci , fino a che raggiungo i resti di una balma. Devo dire che sono fortunato: la traccia dei camosci è davvero ottima, una delle migliori e meglio battute che mi sia mai capitato di incontrare, a dimostrazione del fatto che la frequentazione dell'Alpe Fioria osservata poco prima è tutt'altro che casuale e che anche i camosci, se possibile, cercano di passare in punti abbastanza comodi ( chissà, magari proprio su ciò che resta del vecchio sentiero di collegamento Fioria-Eugio). 
Dopo aver attraversato in leggera discesa alcuni valloncelli, raggiungo finalmente i ruderi di questo alpeggio che, almeno a giudicare dal toponimo, un tempo avrebbe dovuto essere un vero spettacolo da osservare nella bella stagione! Anche l'osservazione della roggia della Pezza, della quale dall'Alpe Fioria si può godere uno sguardo d'insieme, lascia pieni d'ammirazione per il duro ed ottimo lavoro svolto dai costruttori "montanari" al fine di realizzare un'infrastruttura essenziale per ricavare di che vivere in queste terre alte, ripide ed avare.
Alpe Fioria
 Non bisogna dimenticare infatti che le borgate  della Pezza un tempo erano abitate tutto l'anno e che i suoi prati ed i suoi  pascoli occupavano superfici molto ampie, che l'abbandono repentino (e, a differenza di altre zone della vallata, definitivo) di questi luoghi nel secondo dopoguerra ha fatto scomparire pressochè totalmente.. Per farvi un'idea della  situazione attuale, e di come essa evolva velocemente a queste quote, pensate che ancora soltanto negli anni 70-80 del secolo scorso chi si recava nella zona in primavera riferiva, nonostante il visibile "imboschimento" , di splendide fioriture di Orchis sambucina , mentre oggi tutto è coperto da estesi ed intricati noccioleti e le fioriture di Orchis sono solo un ricordo.  I prati e pascoli di cui parlavamo erano soggetti, durante la bella stagione ,  quando le poche vacche di ciascuna famiglia venivano date in affido ai margari che si recavano sui pascoli alti, a fienagione. Ed il fatto che la fienagione avvenisse su superfici tutt'altro che trascurabili lo confermano le numerose testimonianze orali di donne locanesi che, da giovani, si recavano a fare il fieno alla Pezza. 
Uno sguardo alla roggia della Pezza...
Di norma esse venivano ospitate all'interno delle stalle e dei fienili, dove dormivano tutte assieme sopra i classici paglioni imbottiti di foglie secche di faggio. La loro paga consisteva appunto nell'alloggio ( e che alloggio, come abbiamo visto) , nel vitto ( una tazza di latte al mattino ed alla sera, una pagnotta a mezzogiorno - oltre a quel  poco che ciascuna poteva portarsi con sè da casa) ed in un sacco di fieno per ogni giornata di lavoro. Solitamente il "soggiorno" durava almeno una settimana, ed il fieno veniva trasportato a valle tramite fili a sbalzo.  Che le condizioni d'ingaggio fossero dure ce lo dicono le stesse fonti quando affermano che "era meglio andare alle fragole" ( la raccolta delle fragole, nda ), "almeno lì se proprio si aveva fame si poteva rubarne di nascosto qualcuna".
Discesa verso il boschetto di betulle
Mangiato il meritato pranzo al sacco e ringraziata la buona sorte per aver evitato a me ed a  quelli della mia generazione di  dover lavorare in condizioni difficili, inizio il percorso di discesa stabilito durante il binocolamento del mattino e, complici l'assenza di arbusti e l'erba ,bassa in questa stagione, raggiungo in breve e senza problemi il sentiero "normale", lungo il quale faccio ritorno a casa.  
E' stata un'esplorazione divertente, di grande interesse e, almeno nella parte in discesa, più agevole del previsto, ragion per cui ho deciso di descriverla a futura memoria ( compresa la mia), benchè del sentiero Pezza- Pis abbia trovato solo poche tracce iniziali. Se mai un domani qualcuno volesse tentare questo percorso alternativo, due avvertenze sono d'obbligo: 
  1. va fatto quando alberi ed arbusti sono privi di foglie, in assenza di neve e\o ghiaccio
  2. se non siete in grado di trasformarvi alla bisogna in cinghiali, lasciate perdere.
Un caro saluto a tutti ed a presto con le storie.
Ps: mi scuso per la scarsa qualità delle foto. Purtroppo alla nulla capacità del fotografo si è aggiunta la dimenticanza della sd card, per cui mi sono arrangiato con il telefonino.
Ps2: si declina ogni responsabilità circa l'uso della cartina da me elaborata e pubblicata in questo post. I percorsi dei sentieri, i punti delle località indicate sono puramente indicativi ed hanno il solo scopo di far comprendere meglio l'assetto geografico\sentieristico del vallone dell'Eugio così come descritto all'inizio dell'articolo.




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